Quartiere isola

Il Quartiere Isola
Sorto a cavallo fra il XIX e il XX secolo, quando il Sindaco dell’epoca Giulio Belinzaghi portò a compimento l’annessione del comune dei corpi Santi alla vecchia città di Milano. La sua denominazione deriva da una delle vicine cascine (chiamate anche “isole”, appunto), l’Isola Garibaldi, ma può far riferimento anche ad una particolare condizione che vide la zona, dopo la costruzione della ferrovia e l’interruzione del percorso da porta Garibaldi a Dergano e Como, effettivamente isolata dal tessuto circostante. Il quartiere Isola ha conservato molti dei segni storici dello sviluppo della città. Collocato tra i tracciati ferroviari e la circonvallazione, è percorso da strade strette, spesso a senso unico, che hanno avuto l’effetto positivo di limitare il traffico di attraversamento. L’“isolamento” ha consentito al quartiere di mantenere una forte identità, che si esprime con numerose iniziative e attività sociali. Nella Milano d’oggi è divenuto un prezioso modello di vivibilità urbana.
Per una serie di ragioni storiche l’Isola oggi coincide con quanto gli architetti di mezzo mondo tentano di realizzare progettando nuove realtà urbane. Un sistema di trasporti ineccepibile (tre linee di metropolitana e più fermate, una stazione ferroviaria, oltre a numerosi collegamenti di superficie), e una fitta rete di servizi, tutti comodamente raggiungibili a piedi. Anche questa è qualità della vita.
Ancora oggi l’Isola conserva un’atmosfera piacevole e placida, da piccolo paese. Accanto alle abitazioni di edilizia popolare, sorgono residenze borghesi, case di ringhiera totalmente o parzialmente ristrutturate, palazzine in stile liberty, esempi di architettura razionalista e edifici di recente costruzione.
Dopo la chiusura delle grandi fabbriche il quartiere è riuscito a rigenerarsi accogliendo nuove attività artigianali specializzate, artistiche e professionali. Il nuovo è stato accolto senza danneggiare la maggior parte delle attività preesistenti, è stato metabolizzato, integrato, trasformato in elemento di vitalità e in motore di rigenerazione urbana. L’Isola è riuscita ad attirare nuove attività culturali e ricreative (gallerie d’arte, ristoranti, teatri, centri sociali, circoli e associazioni) garantendo al tempo stesso la continuità di piccoli supermercati, negozi al dettaglio e di attività artigianali.

Lo spazio SAN si trova vicino alla Parrocchia e al Santuario di S. Maria alla Fontana.
Il borgo “alla Fontana” , in una posizione geografica centrale dal punto di vista delle comunicazioni in quanto sorgeva tra due strade storiche e presenti già in epoca romana. Lo spazio SAN si affaccia proprio sul vecchio tracciato della strada Comensis, chiamata poi via Borsieri fino al 1930, quando poi questo tratto prese il nome di via Menabrea.

Il vecchio Borgo “alla Fontana” e l’antico Santuario di Santa Maria
Il Santuario di Santa Maria alla Fontana sorge in una località che, all’inizio del Cinquecento si trovava fuori dalle mura cittadine, dunque disabitata e caratterizzata da boschi e fontanili dove esisteva, ed esiste tuttora, una depressione naturale del terreno con una fonte d’acqua sorgiva. Anche prima della costruzione del Santuario i milanesi conoscevano questo luogo perché da lungo tempo venivano a pregare e chiedere grazie presso la sorgente del sacello mariano medievale.
All’inizio del XVI secolo, Milano si trovava sotto il dominio dei francesi. Luigi XII nominò governatore il nipote del suo primo ministro: il maresciallo di Francia Carlo II d’Amboise. Il governatore, secondo la tradizione, ammalatosi gravemente agli occhi, si recò a pregare presso l’antico sacello, offrendo alla Santissima Vergine come ex voto in caso di guarigione, la costruzione in loco di un degno Santuario. Carlo guarì e mantenne la promessa.
Ancora oggi da una pietra medievale fuoriescono gli undici zampilli che un tempo fornivano acqua “miracolosa”, oggi comune acqua dell’acquedotto cittadino.
Il complesso monumentale di Santa Maria alla Fontana (attribuito ad una idea di Leonardo e progettato inizialmente dell’arch. Amadeo) racconta attraverso le sue diversificate espressioni architettoniche e figurative cinque secoli di esperienza cristiana profondamente vissuta.
La forma del Santuario, strettamente connessa alla fonte miracolosa e al declivio dell’area, ricalca le forme centralizzate diffuse all’epoca per le fondazioni dedicate alla Vergine o sorte a seguito di eventi prodigiosi, ma subito si amplia in un’articolazione a chiostri che consentiva l’accoglienza degli ammalati e la loro gestione affidata inizialmente ai benedettini cassinesi di San Simpliciano.
Nel 1700 il borgo divenne un importante nodo di sviluppo. La popolazione, dedita all’agricoltura, al commercio e all’artigianato, si concentrò lungo le vie di comunicazione stradale e lungo le sponde del Naviglio della Martesana, le cui acque servivano per l’irrigazione dei campi, per il trasporto di merci e per la forza motrice dei mulini.
Il borgo “della Fontana” si sviluppò dal punto di vista urbanistico con case settecentesche “a corte” per i benestanti, mentre i ceti popolari abitavano in case più semplici. In questo territorio di confine tra città e campagna vennero a svilupparsi le prime attività industriali. Dal 1840, con la nascita di un nodo ferroviario nazionale, di una fitta rete di ferrovie locali e di nuove strade urbane e interurbane, il quartiere si sviluppò dal punto di vista urbanistico, artigianale, commerciale e produttivo.

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